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Acconto Imu 2024, alla cassa entro il prossimo 17 giugno


Imu seconda casa

La disciplina Imu


La legge 27 dicembre 2019, n. 160 ha disposto l’unificazione dell’Imu e della Tasi (articolo 1, commi da 738 a 783), ponendo così fine alla irragionevole sovrapposizione dei due prelievi e semplificando quindi la vita a Comuni e contribuenti.


L’Imu, comunque, non si applica a tutti i Comuni d’Italia, poiché per quelli ubicati nella Provincia di Bolzano c’è l’imposta municipale immobiliare (Imi), per i Comuni della Provincia di Trento c’è l’imposta municipale immobiliare semplice (Imis) e per quelli della Regione Friuli-Venezia Giulia c’è l’imposta locale immobiliare autonoma (Ilia).


Si segnala, in primo luogo, che il presupposto dell’imposta è costituito dal “possesso di immobili” (comma 740), nonché i soggetti passivi della stessa individuati nei “possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie degli stessi” (comma 742).


Non sono comunque assoggettate all’imposta le abitazioni principali e quelle assimilate (unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, comprese quelle destinate a studenti universitari soci assegnatari anche in assenza di residenza anagrafica; fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali; la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice; un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel Catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate, alle Forze di polizia, al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale appartenente alla carriera prefettizia), nonché le pertinenze dell’abitazione principale per massimo un C/2, un C/6, un C/7, anche se iscritte in Catasto unitamente all’unità ad uso abitativo (si vedano i commi 740 e 741).


È prevista la riserva statale dello 0,76% per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione degli immobili posseduti dai Comuni e che insistono sul rispettivo territorio, nonché la spettanza ai Comuni delle maggiori somme (imposta, sanzioni e interessi) derivanti dall’attività di accertamento di tali immobili (comma 744).

La base imponibile per il calcolo dell’imposta è costituita dal valore degli immobili che per i fabbricati è ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in Catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5%, gli appositi moltiplicatori.


Per i terreni agricoli non esenti il valore è, invece, costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in Catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, il moltiplicatore 135 (comma 746).


Per le aree edificabili il valore è costituito da quello venale in Comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, “o a far data dall’adozione degli strumenti urbanistici”, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche (comma 746). Infine, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in Catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino al momento della richiesta dell’attribuzione della rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, applicando gli appositi coefficienti aggiornati annualmente con decreto del ministero dell’economia e delle finanze (comma 746).


Il sistema di pagamento dell’imposta è scaglionato in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, sul quale i Comuni non hanno alcuna possibilità di intervento considerata la deroga all’articolo 52 del Dlgs 446/1997 prevista dalla norma (comma 762). Il versamento dev’essere effettuato a mezzo F24, ma con l’estensione per il futuro alla piattaforma PagoPA a seguito di adozione di apposito decreto attuativo (comma 765).


Occorre comunque prestare attenzione perché con la nuova Imu il versamento della prima rata è pari all’imposta “dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente” e il saldo a conguaglio da calcolare sulla base delle aliquote risultanti dall’apposito prospetto pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze alla data del 28 ottobre. Cambia, quindi, il meccanismo di calcolo dell’acconto: prima era pari alla metà dell’imposta dovuta per l’anno (articolo 9, comma 3, Dlgs 23/2011: «imposta dovuta per l’anno in corso»), per cui in caso di acquisto di un immobile in data 10 aprile 2019, l’acconto si calcolava nella misura del 50% di 9/12 (dal 2020, si calcola invece in 3/12). Per gli enti non commerciali resta il sistema di versamento su tre rate: le prime due (pari al 50% dell’imposta corrisposta per l’anno precedente) da versare entro il 16 giugno e il 16 dicembre dell’anno di riferimento, mentre l’ultima a conguaglio da versare entro il 16 giugno dell’anno successivo.


Nel complesso resta sostanzialmente invariato il regime delle agevolazioni, con la riduzione del 50% per le unità immobiliari concesse in comodato, per i fabbricati di interesse storico o artistico e per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili (comma 747). Confermata anche la riduzione al 75% per le abitazioni locate a canone concordato (comma 760). Non è più previsto, invece, l’esonero per gli immobili dei pensionati Aire, sostituito dal 2021 con la riduzione del 50% per l’unica unità immobiliare, purché non locata o data in comodato d’uso, posseduta in Italia da soggetti non residenti, che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con lo Stato italiano (articolo 1, comma 48, L. 178/2020), sulla quale è intervenuto il Dipartimento delle Finanze con la risoluzione n. 5/DF dell’11.6.2021. Si ricorda che solo per il 2022 era prevista la riduzione al 37,5% (articolo 1, comma 743, L. 234/2021), poi ripristinata al 50% dal 2023.


Per quanto riguarda le esenzioni, non pagano l’imposta i terreni agricoli: a) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione, “comprese le società agricole” (recependo la disposizione contenuta nell’articolo 16-ter del Dl 34/2019); b) ubicati nei Comuni delle isole minori; c) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile; d) ricadenti in aree montane o di collina delimitate, sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993 (comma 758).


In materia di agevolazioni per il comparto agricolo, si segnala l’articolo 78-bis del Dl 104/2020 (conv. dalla L. 126/2020) che reca alcune norme di interpretazione autentica, prevedendo l’applicazione retroattiva dell’equiparazione dei familiari coadiuvanti del coltivatore diretto ai titolari dell’impresa agricola (comma 1). Si stabilisce, inoltre, che nelle agevolazioni tributarie previste dalle norme in materia di soci di società di persone esercenti attività agricole sono comprese anche quelle relative ai tributi locali (comma 2). Si prevede, infine, che, ai fini Imu, si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale agricola (comma 3).


Sostanzialmente ricognitiva anche la norma relativa all’esonero degli immobili pubblici adibiti ad attività istituzionali, dei fabbricati delle categorie catastali da E/1 a E/9, dei fabbricati con destinazione ad usi culturali, dei fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, dei fabbricati di proprietà della Santa Sede, dei fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali, degli immobili posseduti e utilizzati da enti non profit ed ecclesiastici per scopi non commerciali (comma 759).


Le disposizioni modificate


Tra le disposizioni modificate rispetto alla vecchia disciplina (Dl 201/2011) si segnala la nuova definizione di fabbricato (articolo 1, comma 741, L. 160/2019), quale unità immobiliare iscritta o che dev’essere iscritta nel Catasto edilizio urbano “con attribuzione di rendita catastale”: inciso che finisce per neutralizzare l’orientamento della Cassazione affermatosi sugli immobili collabenti (F2), perché la mancanza della rendita catastale non consente più di ritenere questi immobili “fabbricati”. Si ricorda che la Cassazione (sentenze n. 17815/2017, n. 23801/2017, n. 25774/2017, n. 7653/2018, ecc.) ha affermato che i fabbricati diroccati, iscritti nella categoria catastale F2, non sono soggetti all’Ici-Imu per azzeramento della base imponibile stante la mancata attribuzione della rendita e l’incapacità per tali fabbricati di produrre ordinariamente un reddito proprio. Ora, alla luce della modifica normativa la nuova Imu, è applicabile anche ai fabbricati collabenti, considerando come base imponibile l’area fabbricabile sottostante.


Sempre in tema di fabbricati, si considera parte integrante dello stesso anche l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza “esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente” (comma 741). In base all’articolo 2, lett. b) del Dlgs 504/1992 (richiamato dall’articolo 13, comma 2, Dl 201/2011) si considera parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza. Al riguardo la giurisprudenza ha escluso l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, fondando l’attribuzione della qualità di pertinenza sul criterio fattuale, e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra, secondo la definizione contenuta nell’articolo 817 cc. Si tratta di un filone giurisprudenziale inaugurato nel 2009 dalla Cassazione, in base al quale l’area è pertinenziale ai fini Ici solo se indicata nella dichiarazione, ritenendo in sostanza prevalente il requisito della pertinenzialità su quello dell’edificabilità (Cass. n. 20955/2019, n. 2901/2017, n. 27098/2016, ecc.). La vecchia normativa non prevede che la particella catastale del terreno coincida con quella del fabbricato, circostanza che ora la norma prevede espressamente. Pertanto, per escludere l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, è necessario che la particella catastale del terreno coincida con quella del fabbricato.


Un’altra novità di rilievo è quella secondo cui “ in presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un medesimo immobile ognuno è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria e nell’applicazione dell’imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni ” (comma 743). La precisazione ha riflessi sulle aree edificabili in comproprietà, possedute da diversi soggetti di cui solo uno ha la qualifica di coltivatore diretto o Iap. Secondo la Cassazione (sentenza n. 15566/2010 ed altre, tra cui n. 23591/2019 e n. 15314/2021) un’area utilizzata come terreno agricolo ha carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei comproprietari, conclusione che si presterebbe a facili elusioni della normativa. Ora la disciplina della nuova Imu neutralizza l’orientamento della Cassazione e non consente più di estendere il trattamento di favore ad altri soggetti.


Tra le altre modifiche si segnala la disposizione contenuta nel comma 745 secondo cui “Le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d’anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo”. L’inciso “a seguito di interventi edilizi sul fabbricato” neutralizza l’orientamento di Cassazione secondo cui le variazioni catastali hanno efficacia dall’anno successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali, anche quando ci si avvale della procedura Docfa (cfr. Cass. n. 9238/2019).


Si segnala, altresì, il ripristino del termine del 30 giugno dell’anno successivo per la presentazione della dichiarazione. Al riguardo si evidenzia che con il Dm 24 aprile 2024 (pubblicato nella GU del 15 maggio 2024) sono stati approvati i nuovi modelli di dichiarazione Imu per le persone fisiche e gli enti commerciali, comprensivo della dichiarazione per l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine, nonché il modello di dichiarazione Imu per gli enti non commerciali, unitamente alle relative istruzioni e specifiche tecniche.


Casi particolari


Tra i casi particolari si segnala il fenomeno delle doppie abitazioni dei coniugi situate in Comuni diversi, sul quale è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 209 del 13.10.2022 che ha chiuso definitivamente l’annosa questione affermando che l’esonero spetta sempre al possessore dell’immobile che vi risieda e vi dimori abitualmente, indipendentemente dal nucleo familiare.


In sostanza è cambiata radicalmente la definizione di abitazione principale sia della vecchia che della nuova Imu ed è stata soppressa la recente disposizione introdotta dal Dl 146/2021, con la quale il legislatore era intervenuto per contrastare il rigorismo della Cassazione che negava l’esonero ad entrambi i coniugi.


La Consulta ha, quindi, riscritto la definizione di abitazione principale, quale “immobile, iscritto o iscrivibile nel Catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.


Occorre comunque prestare attenzione perché l’esonero per entrambe le abitazioni spetta solo se i coniugi hanno la residenza e la dimora abituale nelle abitazioni di proprietà. I Comuni potrebbero peraltro effettuare i dovuti controlli in base ai consumi di elettricità, gas, ecc., relativi alla (presunta) abitazione principale. Pertanto, chi non ha la dimora abituale deve continuare ad effettuare il versamento dell’Imu con l’aliquota prevista per le seconde case.


Per quanto riguarda, invece, gli immobili concessi in locazione finanziaria (comma 743), la mancata precisazione sulla durata del contratto di locazione finanziaria (invece prevista per la Tasi dal comma 672 della L. 147/2013) ha fatto cadere l’interpretazione fornita dalla Cassazione con la sentenza n. 19166/2019 (rimasta peraltro isolata) che fa leva proprio sulla disciplina della Tasi. Pertanto deve ritenersi applicabile l’orientamento favorevole ai Comuni secondo cui la società di leasing è tenuta a pagare l’imposta anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità dell’immobile per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore (tra le più recenti pronunce di Cassazione, si segnalano le seguenti: n. 26057 del 5.9.2022, n. 33534 del 15.11.2022, n. 34140 del 18.11.2022, n. 36078 del 9.12.2022, n. 36875 del 15.12.2022, n. 2639 del 27.1.2023 e n. 6232 del 7.3.2024).


Relativamente agli alloggi assegnati dagli Iacp o dagli enti di edilizia residenziale comunque denominati (Ater, Aler, Arca, Acer, ecc.), anche la nuova Imu prevede l’applicazione della detrazione di 200 euro (comma 749). Tali enti ritengono, invece, applicabile la fattispecie di esonero prevista per gli alloggi sociali, che la nuova Imu fa rientrare tra le fattispecie assimilate ma solo se “adibiti ad abitazione principale”. Per questi enti, essendo disciplinato un trattamento specifico (detrazione di 200 euro), non si ritiene possibile usufruire dell’esonero previsto per gli alloggi sociali. Invero, pur volendo considerare gli alloggi degli ex Iacp alla stregua degli alloggi sociali, la previsione di cui al comma 749 della legge di Bilancio 2020 non troverebbe mai applicazione. In sostanza si finirebbe per svuotare di contenuto la norma dei 200 euro, che non avrebbe alcun senso né alcuna concreta applicazione. La giurisprudenza di merito prevalente ritiene che gli alloggi assegnati dagli ex Iacp siano soggetti al pagamento dell’Imu, in presenza di una normativa “speciale” che dispone l’applicazione della detrazione di 200 euro, in assenza peraltro di alcuna prova sull’utilizzo degli immobili come alloggi sociali (in tal senso, tra le più recenti, Cgt di II grado della Puglia n. 204/2023 e n. 2024/2023; Cgt di II grado del Lazio n. 5426/2023 e n. 843/2024; Ctr Lombardia n. 2828/2022; Cgt di II grado della Campania n. 5782/2023; Cgt di II grado del Veneto n. 339/2024). Inoltre, con la decisione n. 22954 del 27.7.2023 la Cassazione ha affermato che la detrazione dall’Imu di 200 euro prevista per gli alloggi regolarmente assegnati dagli Iacp o dagli enti di edilizia residenziale pubblica (comunque denominati) è incompatibile con l’esenzione prevista per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali.


Per quanto riguarda, invece, i coniugi separati, la nuova Imu assimila all’abitazione principale “la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso” (comma 741). Con la conseguenza che solo in caso di affidamento dei figli opera la soggettività passiva dell’assegnatario, equiparato al titolare del diritto di abitazione, per cui se non ci sono figli si applicano le regole ordinarie.


Calcolo e versamento dell’Imu


Dopo aver verificato la disciplina applicabile alle singole fattispecie (prestando attenzione alle modifiche intervenute con la nuova disciplina e alle ultime novità legislative e giurisprudenziali), si procede al calcolo dell’imposta individuando la base imponibile, costituita dal valore degli immobili (calcolato a seconda della diversa tipologia), che per i fabbricati accatastati si determina prendendo la rendita catastale rivalutata del 5% (rendita x 1,05), mentre per i terreni agricoli (imponibili solo ai fini Imu, ad eccezione delle fattispecie esenti) si prende il reddito dominicale rivalutato del 25% (reddito x 1,25). A questo punto entrano in gioco i moltiplicatori, distinti per categoria catastale, indicati nella tabella di cui sopra. Ottenuto il valore degli immobili va effettuato il calcolo dell’acconto pari all’imposta “dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente”, mentre il saldo sarà effettuato a conguaglio sulla base delle aliquote risultanti sulla piattaforma del Dipartimento delle Finanze alla data del 28 ottobre 2024.


Si evidenzia che, in caso di comproprietà, l’imposta va versata da ciascun contitolare in base alle quote di possesso, ma molti enti consentono di effettuare il versamento cumulativo da parte di uno di essi. Nel caso, invece, di possesso iniziato o cessato in corso d’anno, l’imposta va calcolata in base al periodo di possesso, conteggiando per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni (regola dei 15 giorni equivalenti ad un mese: articolo 9, comma 2, Dlgs 23/2011). La L. 160/2019 ha chiarito definitivamente che il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente (comma 761). Pertanto, in caso di acquisto di un immobile con rogito effettuato, ad esempio, il 14 aprile 2024, l’imposta sarà calcolata per i mesi che vanno da aprile a giugno, versando i 3/12 del tributo a giugno 2024.


Occorre, inoltre, considerare l’importo minimo esigibile, al di sotto del quale non si effettua alcun versamento: il minimo è pari a 12 euro, in assenza di diverso importo stabilito dal singolo Comune. La soglia minima riguarda comunque l’importo annuale da versare e non la singola rata, che può quindi risultare di importo inferiore. In ogni caso l’importo minimo non può essere considerato una franchigia. Ad esempio, se l’imposta annuale è pari a 20 euro, il contribuente non versa l’acconto di 10 euro a giugno (in quanto inferiore al minimo di 12 euro), ma dovrà versare l’intero importo di 20 euro a dicembre.


Va, infine, applicata la regola dell’arrotondamento all’euro per difetto se la frazione è inferiore o uguale a 49 centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo (articolo 1, comma 166, L. 296/2006, circolare 3/DF/2012). L’arrotondamento dev’essere effettuato per ciascun rigo del modello F24 e del bollettino, poiché a ciascuna tipologia di immobile è associato un differente codice tributo (si veda la tabella di cui sotto).


Attualmente il canale esclusivo di versamento dell’Imu è costituito dal modello F24 oppure dall’apposito bollettino postale centralizzato (conto corrente unico nazionale): quest’ultimo può essere utilizzato solo se si tratta di immobili situati nello stesso Comune.


Le principali novità normative e giurisprudenziali per il 2024


•  Norma interpretativa sugli immobili degli enti non commerciali concessi in comodato (a condizione che il comodatario sia funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente) e su quelli inutilizzati (articolo 1, comma 71, L. 213/2023);


•  legittima l’indeducibilità dell’Imu dall’Irap (la Corte costituzionale, con sentenza n. 21 del 20.2.2024, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate sulla disposizione che non consente la deducibilità dell’Imu dall’Irap, trattandosi di un’imposta di natura differente dall’Irpef);


•  nuovi modelli di dichiarazione Imu per le persone fisiche e gli enti commerciali (compresa la dichiarazione per l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine - Impi) e per gli enti non commerciali (Dm 24 aprile 2024);


•  immobili occupati abusivamente esenti dall’Imu con efficacia retroattiva (la Corte costituzionale, con sentenza n. 60 del 18.4.2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 1, Dlgs 23/2011 nella parte in cui non prevede l’esonero per gli immobili occupati abusivamente e per i quali sia stata presentata denuncia in sede penale, aprendo così la strada ai rimborsi delle annualità pregresse).


Alcuni esempi di calcolo dell’acconto Imu 2024


Seconda casa


Un contribuente possiede al 100% un’abitazione, che utilizza saltuariamente, accatastata in categoria A/3 con una pertinenza categoria C/2, ubicata in un Comune diverso dall’abitazione principale (esente), con rendita catastale complessiva di 660,32 euro. Il Comune applica, per la categoria “altri fabbricati”, un’aliquota Imu dell’1,06%.


Base imponibile = € 660,32 x 1,05 x 160 = € 110.933,76


•  Imu = € 110.933,76 x 1,06% = € 1.175,90 (annuale) e, quindi, acconto € 588,00 (codice 3918)


Terreno 


Un contribuente, non coltivatore diretto o Iap, possiede un terreno agricolo con reddito dominicale di 70,25 euro. Il Comune applica, per la categoria “terreni”, l’aliquota Imu dell’1,06%.


Base imponibile = € 70,25 x 1,25 x 135 = € 11.854,69


•  Imu = € 11.854,69 x 1,06% = € 125,66 (annuale) e, quindi, acconto € 63,00 (codice 3914)


Opificio


Un contribuente è proprietario di un immobile adibito ad attività industriale (categoria D/7) con rendita catastale di 3.832,00 euro. Il Comune applica per gli immobili di categoria D un’aliquota Imu dello 0,96%


Base imponibile = € 3.832,00 x 1,05 x 65 = € 261.534,00


•  Imu (quota Stato) = € 261.534,00 x 0,76% = € 1.987,66 (annuale) e, quindi, acconto € 994,00 (codice 3925)


•  Imu (quota Comune) = € 261.534,00 x 0,20% = € 523,07 (annuale) e, quindi, acconto € 262,00 (codice 3930)


Fonte:  La Settimana Fiscale

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